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Tutela e sicurezza nello sport: il ruolo del safeguarder e le nuove politiche di protezione

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Negli ultimi mesi, il concetto di safeguarding è diventato sempre più centrale nel mondo dello sport. Ogni associazione e società sportiva dilettantistica è tenuta a rispettare una serie di obblighi per garantire la protezione di minori e soggetti vulnerabili all’interno delle proprie strutture. Tra questi, uno dei più rilevanti è la nomina del safeguarder, una figura chiave per la prevenzione di abusi, violenze e discriminazioni.

La scadenza per la nomina, inizialmente fissata al 30 giugno 2024, è stata prorogata al 31 dicembre 2024, mentre entro il 30 agosto le società sportive avrebbero dovuto adottare un modello organizzativo e un codice di condotta per regolamentare le misure di prevenzione.

Questi adempimenti derivano dalla riforma dello sport e, in particolare, dai decreti legislativi 36 e 39 del 2021, che hanno introdotto l’obbligo per le Federazioni sportive, gli Enti di promozione sportiva e le associazioni dilettantistiche di dotarsi di strumenti adeguati per la tutela di tutti i praticanti.

Perché è stato introdotto il safeguarding?

L’obiettivo principale di queste nuove norme è garantire ambienti sicuri, soprattutto per i minori e le categorie più vulnerabili, contrastando abusi, molestie e discriminazioni.

Negli ultimi anni, il mondo dello sport ha purtroppo visto casi di violenze e comportamenti inappropriati, spesso non segnalati per mancanza di procedure chiare o di figure di riferimento. Le nuove politiche di safeguarding vogliono responsabilizzare dirigenti, allenatori e tesserati, affinché si adottino misure concrete per prevenire situazioni di rischio.

Ovviamente, nessun sistema potrà mai eliminare completamente i pericoli, ma attraverso l’implementazione di modelli organizzativi e codici di condotta, è possibile ridurre le occasioni in cui questi comportamenti possono verificarsi.

Modelli organizzativi e codici di condotta: strumenti chiave

Ogni circolo sportivo, scuola di tennis o padel club deve redigere un modello organizzativo di gestione e controllo (MOGC) e un codice di condotta, documenti fondamentali per garantire il rispetto delle normative.

• Il modello organizzativo analizza i fattori di rischio specifici della struttura sportiva e stabilisce misure preventiveper evitarli. Ad esempio, può prevedere che:

• Gli allenamenti con minori non siano mai individuali.

• Gli spogliatoi siano supervisionati per evitare situazioni a rischio.

• Si richieda il certificato antipedofilia ai nuovi collaboratori.

• Le trasferte siano gestite con regole precise sulla sorveglianza dei minori.

• Il codice di condotta stabilisce invece i comportamenti attesi da parte di tutti i tesserati, includendo regole su:

• Rapporti tra istruttori e atleti.

• Divieti di discriminazione e violenza verbale o fisica.

• Procedure per segnalare comportamenti inappropriati.

Questi documenti devono essere personalizzati in base alle esigenze della struttura e costantemente aggiornati.

Un elemento fondamentale del modello organizzativo è la nomina del safeguarder, una figura che avrà un ruolo centrale nella gestione delle segnalazioni e nel controllo del rispetto delle regole.

Chi è il safeguarder e di cosa si occupa?

Il safeguarder è un referente per la tutela dei tesserati, incaricato di raccogliere denunce e segnalazioni relative a situazioni di abuso, discriminazione o violenza all’interno dell’ambiente sportivo.

I suoi compiti includono:

• Ascoltare e valutare le segnalazioni ricevute da atleti, allenatori o famiglie.

• Intervenire in modo tempestivo, adottando le misure necessarie per proteggere i soggetti coinvolti.

• Collaborare con i dirigenti della società sportiva per migliorare le pratiche di tutela.

• Garantire anonimato e riservatezza per chi segnala eventuali violazioni.

• Proporre modifiche alle prassi organizzative per prevenire ulteriori rischi.

Il safeguarder può essere un soggetto interno o esterno all’associazione, ma deve avere competenze adeguate e autonomia decisionale, per poter agire senza conflitti di interesse.

Ogni federazione o ente di promozione sportiva ha inoltre il proprio safeguarder di riferimento, che può essere coinvolto in caso di situazioni gravi o irregolarità non gestibili a livello locale.

Formazione e monitoraggio: due pilastri del safeguarding

Per rendere efficaci queste politiche, le società sportive devono prevedere corsi di formazione obbligatori per il personale tecnico e dirigenziale. Ad esempio, alcune federazioni richiedono la partecipazione ad almeno due eventi formativi all’anno sui temi della sicurezza e della protezione dei minori.

Inoltre, devono essere implementati sistemi di monitoraggio e controllo, per garantire che il modello organizzativo e il codice di condotta siano effettivamente rispettati.

Questo significa stabilire:

• Modalità di verifica interna, per controllare che le misure adottate vengano applicate.

• Sanzioni per chi non rispetta il codice di condotta, con conseguenze disciplinari ben definite.

Questi non devono essere visti come semplici adempimenti burocratici, ma come strumenti concreti per costruire un ambiente sportivo più sicuro e inclusivo.

Conclusioni

Le politiche di safeguarding rappresentano un passo importante per la protezione di minori e tesserati all’interno del mondo dello sport. Anche se non possono eliminare completamente il rischio, l’adozione di modelli organizzativi, codici di condotta e la nomina di safeguarder permette di ridurre le occasioni di abuso e violenza, creando un ambiente più sicuro e accogliente.

Per i circoli di tennis, padel e altre discipline, la sfida sarà tradurre queste direttive in pratiche concrete, assicurandosi che ogni istruttore, atleta e collaboratore sia consapevole del proprio ruolo nella tutela di tutti i partecipanti.

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